STORIA DEI TAROCCHI – Prime tracce scritte

STORIA DEI TAROCCHI – Prime tracce scritte

L’HOSPIDALE DE’ PAZZI INCURABILI
di Tomaso Garzoni da Bagnacavallo

L’Hospidale de’ pazzi incurabili di Tomaso Garzoni da Bagnacavallo fu pubblicato nel 1586 simultaneamente a Venezia, Ferrara e Piacenza, a dimostrazione della consolidata fama dell’autore. La trama consiste in una visita offerta ai lettori dietro compenso di una moneta da 20 soldi ad un manicomio universale nelle cui sale sono rinchiusi i rappresentanti, antichi e contemporanei, delle più diverse forme di follia. Il centro dell’ospedale è costituito dai “Re dei Pazzi” cioè dai pazzi vanagloriosi, a cui l’autore dedica il quindicesimo discorso dei trenta di cui è composta la prima parte dell’opera. Ciascuna tipologia di pazzia è raccontata attraverso un Discorso a cui segue l’Orazione ad una divinità, un nume tutelare a cui i visitatori possono rivolgere particolari esortazioni al fine di far ottenere la guarigione ai poveri malati. Esiste anche una sezione al femminile, che l’autore circoscrive in un unico Ragionamento, le cui tipologie di follia risultano identiche a quelle degli uomini, ma con la variante che alle donne non è offerta la possibilità di guarigione, data la mancanza delle Orazioni. Mentre ciascun Discorso si esprime con esempi di personaggi maschili tratti dalla storia e dalla cronaca del tempo, gli stessi nomi delle donne – ad esempio Domitilla Feronia, Ostilia Mutinense – denunciano la non appartenenza a contingenze storiche mentre le Imprese poste sopra le loro celle hanno lo scopo di rappresentare la tipologia di follia di cui ciascuna di esse è affetta, da individuare da parte dei visitatori attraverso l’interpretazione visiva delle Imprese stesse unitamente ai ragionamenti verbali riferite ad ognuna di loro. Le diverse forme di pazzia non sono inserite dall’autore secondo un preciso piano logico-classificatorio, mentre appare evidente la concretezza architettonica dell’edifico con le camere dislocate da destra a sinistra e con celle poste “di sotto” o “più abbasso” sino a giungere all’ultima camera, quella di Ostilia Mutinense, tormentata da pazzia diabolica e situata appunto nella parte più bassa dell’edificio, lì concepita appositamente per creare l’idea della discesa infernale, verso una pazzia senza nome.

L’opera, che si apre con una Dedica a cui seguono due Sonetti, introduce i Discorsi mediante un Prologo dell’Autore a’ Spettatori. È in questo Prologo che troviamo il primo riferimento ai tarocchi laddove il Garzoni al paragrafo 6 ironicamente scrive “…quei matti da tarocco che si stimano Nestori”, ossia quelle persone senza qualità che si credono essere dei saggi. Figlio del re di Pilo Neleo e di Cloride, Nestore divenne infatti famoso per essere stato il più vecchio e il più saggio combattente sotto le mura di Troia ed ancora oggi molti modi di dire lo citano come sinonimo di “vecchio saggio”.

Al Prologo seguono 30 Discorsi dai titoli accattivanti quali: De’ pazzi frenetici e deliri , De’ pazzi bizarri e furiosi , De’ pazzi sfrenati come un cavallo , De’ pazzi goffi e fatui, etc. Per quanto riguarda la nostra indagine riferita ovviamente ai tarocchi, risulta di grande rilevanza il Discorso XIII: De’ pazzi dispettosi o da tarocco che qui riportiamo integralmente comprensivo di Orazione. L’edizione di riferimento è quella stampata a Piacenza da Gio. Bazachi nel 1586.

DISCORSO XIII – DE’ PAZZI DISPETTOSI O DA TAROCCO

[1] – Alcuni hanno nel cervello inserto un spirito sí fatto che, quando qualche volta avviene che si tengano offesi o ingiuriati da qualcuno, con una pazza volontà cominciano a un tratto a contender con quello; e secondo che dalla banda (1) dell’offensore vanno multiplicando l’ingiurie e l’offese, cosí dalla banda sua crescono insieme con l’odio i dispetti continui; onde la cosa si riduce a tale, che taroccando (2) col cervello bestialmente seco, acquista il nome di pazzo dispettoso e da tarocco.

[2] Potrebbesi forsi porre fra gli antichi essempi quello di Clicomede Astipalense, uomo di forze prodigiose nominato da Plutarco il quale, defraudato d’un certo premio alla sua virtù conveniente, entrò in un tanto dispetto per questa cosa, che un giorno s’accostò con le spalle a una colonna, che sostentava la scuola commune, nella quale erano tutti i figliuoli de’ primati, e gettandola a terra furiosamente, uccise il maestro e tutti quei gioveni insieme.

[3] Fra questi tali annoverar si puole ancora quel Marganore presso all’Ariosto (3), il quale per la morte de’ due figliuoli, prese tanto in urta il femineo sesso, che quante femine capitavano nel suo dominio, tutte per questa causa con brutti scherzi e molto malamente eran da lui trattate.

[4] Per un gran matto da tarocco ne’ tempi moderni e battezato da tutti un certo quanquam (4) per lettera, o un certo belfegor (5) cosí fatto che per un becco d’una pulice (6) vuole amazzare tutto il mondo, e quando entra sui balzi e sul carro matto (7) non ha paura di tutta l’artelaria (8) del duca di Ferrara, perché il dispetto et il livore li tolgono l’antivedere, il pericolo, e la botta che al suo furore è soprastante: onde a proposito si va raccontando che un giorno, dicendoli uno «testa di violino», mosso da una grandissima escandescenza per causa di questa parola, li menò un pugno sí fatto che, urtando in una colonna, si ruppe tutta una mano e il braccio ancora; e poi che vide il suo danno palese, entrando in maggior sdegno del primo, li tirò d’una balla di marmo, per coglierlo nella fronte, la qual dando nel muro e ripercuotendo indietro, diede nello stomaco a lui, tanto che, acceso in un tratto di doppio furore, andò con la testa per urtare nella pancia di quello; e, retirandosi egli, colse con la testa nel pariete (9), e se la franse tutta: e all’ultimo, non avendo altro da sfogarsi, tirò indiscretamente un rutto da basso, dicendo; «Or piglia questa, dapoi che non mi posso vendicare in altro!».

[5] Un gran matto dispettoso e taroccante fu Cristoforo da Crispino, il quale, perché uno li disse un giorno (essendo bruttissimo d’effige): «Voi sete pur il bel giovene»; aborrendo l’ironia di costui, li tirò d’una formetta di caseo nello stomaco; e perché colui prese il formaggio e se ‘l portava via per mangiare, li slanciò dietro un cortello ch’aveva; e pigliando anco colui il cortello, per servirsene in tagliare il formaggio, essendo presso alla bottega d’un fornaro, li tirò dietro una man di pane, la qual, raccolta pur da costui, per servirsene da mangiar col formaggio; volse tirarli all’ultimo dietro un boccale senza vino, che li venne per le mani: ma dicendo colui: «Fratello, empilo di grazia di vino, e slanciamelo dietro! », entrò per questa parola in tanta rabbia che, correndo a una fontana vicina, glie’l volse gettar dietro pieno d’acqua; ma colui ridendo e fugendo a guisa d’un Parto insidioso disse: «Compagno, io avrò il cortello, il pane e il formaggio, restati tu col boccale e con l’acqua, che siamo quasi pari», e cosí illuse l’ultimo colpo del matto dispettoso, il qual s’avide in fine, che restava con grandissimo scorno di questa sua mattesca impresa.

[6] Più segnalato essempio di dispettosa pazzia non si può addurre di quello che pone il divino Ariosto nella perversa e scelerata Gabrina, in quella stanza massime che principia: Odi tu (li diss’ella) tu, che sei cotanto altier, che sí mi scherni e sprezzi; se sapessi che nuova ho di costei che morta piangi, mi faresti vezzi, ma più tosto che dirtelo, torrei che mi strozzassi o fessi in mille pezzi. (10)

[7] Perché la maladetta vecchia con ogni sorte di rabbia e di dispetto cercò d’isfogarsi col misero Zerbino, non compatendo alla fortuna di quello con una scintilla sola di pietà, da iniqua e diabolica strega com’era veramente.

[8] Questi tali adunque sono meritatamente addimandati pazzi dispettosi o matti da tarocco, et hanno nell’Ospidale una cella che tien fuora per insegna la dea Nemesi, alla quale in tanto lor bisogno ricorriamo per aiutto, essendo quella dea che di questa sorte di matti communemente ha cura.

ORAZIONE ALLA DEA NEMESI
PER I PAZZI DISPETTOSI O DA TAROCCO
                                                                                

[1] Con quanto ardor si puote, con quanta veemenza n’è concesso, a te diva Ranusia dagli antichi detta perché in Rannunte citta dell’Asia si vede il simulacro tuo per man di Fidia fatto, ricorrendo imploriamo il tuo massimo aiutto e favore, perché contra questi pazzi dispettosi non sappiamo esser meglior remedio che l’aiutto di quella dea, che punendo e castigando i facinorosi e delinquenti, é meritamente tenuta per medica delle piaghe di questi pazzi. [2] Però se quel soccorso abbiamo che da una dea sí giusta sperar ne lece, sappi al sicuro che, grati ai tuoi favori, offeriremo nel tempio d’Adrastia a te consecrato un cesto d’agli e di scalogne, e tutti salutaremo il nome d’Adrastia, sbruffando fuor gli odori dispettosi, argumenti evidenti d’una tal salute partorita a costoro, per cui la presente orazione t’indrizziamo; salvagli adunque, e rimanti in pace.

Note

1
– Banda: parte.
2 – Taroccando: uscire in parole d’ira, di stizza.
3 – Marganore: personaggio dell’Orlando Furioso, XXXVII, 43 e sgg.
4 – Quamquam: sapientone, falso sapiente, saccente.
5 – Belfegor: nome di diavolo, ma qui “stupido”
6 – Pulice: pulce.
7 – Carro matto: carro senza sponde.
8 – L’artelaria: l’artiglieria.
9 – Pariete: parete.
10 – Orlando Furioso, XX, 138.

Studi di Andrea Vitali (Le Tarot, Associazione Culturale www.letarot.it)

STORIA DEI TAROCCHI – Le Minchiate di Firenze e i Tarocchini di Bologna

STORIA DEI TAROCCHI – Dalle Monchiate e Tarocchini ai Tarocchi (dal 1400 al 1600)

I giochi di carte accompagnano da sempre la storia dell`uomo.

Esistono mazzi composti da numeri differenti di carte:

le Minchiate fiorentine, si componevano – e si compongono ancora – di 41 carte briscole e 56 non briscole. Il mazzo è quasi identico a quello dei tarocchi, ma anzichè 22 trionfi ne possiede 41; in pratica, sono stati aggiunti i 12 segni zodiacali, i 4 elementi, le 3 virtù teologali e la figura della prudenza; inoltre sono state eliminate le prime 6 carte sostituite con 5 papi. Sul significato del termine “Minchiate” le opinioni divergono. Qualcuno sostiene che derivi di “sminchiare” un verbo usato dai giocatori in situazioni particolari; altri ritengono che vada riferito al membro virile.

minchiate-2Pur non conoscendone l`origine, le Minchiate comparvero anch`esse a metà del ‘400, , come dimostra una “provisione” del Comune, ribadita nel 1463, che escludeva i trionfi (così erano chiamati gli Arcani Maggiori dei Tarocchi) dai giochi illeciti. Si trattava probabilmente di carte ideate a fini educativi, oppure per giochi in cui l’intelligenza aveva la prevalenza sulla fortuna, come, per esempio, i Trionfi e le Minchiate; questi 2 passatempi erano comunemente praticati nella città toscana, come testimonia una “provisione” del 1477 che li cita esplicitamente fra i giochi permessi, assieme ad altri divertimenti popolari. Esisteva un documento molto interessante, il cui originale è andato perduto. Si tratta di una lettera del 23 agosto 1466 indirizzata a Lorenzo il Magnifico e scritta da un suo grande amico, il poeta Luigi Pulci, il quale rimpiangeva le partite a Minchiate, Sbaraglino e Passadieci giocate assieme al signore di Firenze.

il Tarocchino di Bologna  sono un mazzo regionale di Tarocchi composto da 62  carte invece di 78 (62 tradizionali + 1 Jolly). Ci sono i 22 Arcani Maggiori e 40 Arcani Minori nei quattro semi principali: bastoni, coppe, spade e denari, che sono 10 per ogni seme invece di 14, in quanto sono eliminati tutti i 2, i 3, i 4 e i 5. Molte cartomanti bolognesi usano un mazzo ridotto comprendente 45 carte, e usano metodi diversi da quelli comunemente conosciuti. L’origine dei Tarocchini bolognesi sono incerte, ma l’ipotesi più accreditata è quella che li fa derivare dalle Naibi, carte note in Italia nel XIV secolo e utilizzate per un gioco a fini didattici. La prima attestazione della presenza del Tarocchino a Bologna, risale al 1459, ma è molto probabile che il gioco fosse già diffuso nella città a partire dal 1435 e che la sua creazione sia taorcchini-di-bolognadatabile anteriormente al 1420. La sua stagione di maggior celebrità è stata nel Rinascimento, quando veniva praticato nelle principali corti europee. I 40 Arcani Minori sono organizzati secondo la successione tradizionale e cioè Re, Regina, Cavallo, Fante, Dieci, Nove, Otto, Sette, Sei, Asso per ognuno dei quattro semi: Bastoni, Coppe, Spade e Denari). I 22 Arcani Maggiori presentano invece notevoli differenze rispetto alla sequenza tradizionale. Il mazzo dei Tarocchini bolognesi oggi è abbastanza diverso da quello in uso nel Settecento, e sostanzialmente differente da quello in uso nel Quattrocento. Mancano completamente alcuni Arcani, quali la Papessa, il Papa e l`Imperatore.

I Tarocchini bolognesi sono un mazzo a figura doppia, con la sola eccezione della ruota della fortuna, che è l’unica ad avere una doppia lettura. Sono carte veloci, schiette  e popolari, che non hanno nulla a che vedere con la solennità introspettiva di quelli marsigliesi. Secondo gli studiosi essi sono i più antichi significati divinatori a noi pervenuti, anteriori persino alla codificazione di Etteilla, che è considerata il punto di partenza di tutti i significati successivamente attribuiti al Tarocco.

 

Esistono inoltre svariati altri mazzi o giochi, alcuni composti di 12 semi di 12 carte, altri di 8 semi di 12 carte.

 

Risale solo al 1600 la prima descrizione scritta di un gioco corrispondente alla struttura del Tarocco oggi conosciuto, con i 22 Arcani Maggiori e i 56 Minori, che venne chiamato dall`italiano Tomaso Garzoni (autore della sopracitata pubblicazione dal titolo L’Hospidale de’ pazzi incurabili) mazzo veneziano o Tarocco di Marsiglia

STORIA DEI TAROCCHI – nome ed origini

Il Nome

Ma…..di cosa stiamo parlando? Dove e quando originano i tarocchi?

La storia e la provenienza dei tarocchi, nonostante le numerose filosofie di pensiero, rimangono oscure.

La parola “TAROT” parrebbe di origine francese. Ma originariamente pare fossero denominate “Naibi”, dal quale deriva “Naibis” e “Naipes” nome castigliese poi riportato a “Nabab” che, in sanscrito significa vicerè, luogotenente e governatore. Il famoso occultista americano Paul Foser Case, così formulò la frase ricavata dal tetragramma “Rota Taro Orat Tora Ator” che, tradotto, significa “La ruota del Tarot annuncia la legge di Ator”. Sorprendente l`analogia che ha il nome Taro con Tora, la legge ebraica fissata nei cinque volumi di Mosè.

 

Le origini

Antichissime, misteriose, affascinanti e variegate le teorie sull`origine dei Tarocchi.

Che, ancora oggi, rimane incerta!

Prima di inoltrarci nelle supposizioni, partiamo dai dati certi o meglio accertati! Le prime tracce ufficiali ci giungono in Italia in epoca tardo Medioevale, intorno alla metà del XV secolo. Le prime tracce documentali, le abbiamo con i Tarocchi dipinti da Bonifacio Bembo, per la famiglia dei Visconti di Milano e si comarcani-maggiori-milano-tarocchi-dei-viscontiponevano già di un mazzo di 78 carte, a rappresentare i “78 scalini della Sapienza” come li chiamava Charles Williams. 22 gli Arcani Maggiori, con carte numerate da 0 a 21 e contraddistinte da un nome; i Minori, invece suddivisi in 4 semi di 14 carte ciascuno  (“Arcani” significa segreti).

Se nel corso dei secoli la struttura del mazzo non si è modificata, le raffigurazioni grafiche invece, sono state terreno di sviluppo di centinaia di interpretazioni e svariate versioni, tutte legate all`estro ed alla sensibilità dell`artista. È da tutti considerata “classica” la versione dei Tarocchi Marsigliesi, risalente al XVII secolo.

Quel che è certo è che l`origine è esoterica! Riscoperti nel XVIII secolo da Antoine Court de Gèbelin che li descrive come “l`unico volume che ci è rimasto dei tesori perduti della biblioteca egiziana” supponendo che gli stessi siano l`anello di congiunzione tra l`antico Egitto e l`Occidente, attribuendoli al popolo di Israele, viste le affinità dei 22 Arcani Maggiori con il significato cabalistico delle 22 lettere che compongono l`alfabeto ebraico. Secondo l`occultista francese Alphonse-Louis Constant, noto come Levi (1810-1875), i tarocchi sarebbero un alfabeto sacro che gli Ebrei attribuirono a Enoch (discendente di Adamo ed Eva, nonno di  Noè che visse 365 giorni) e che altro non erano che “Il Libro dei Thoth” una sintesi, sottoforma di simbolo, della più remota sapienza egizia trasmessa dal Dio Thoth ai suoi accoliti. In tempi classici il dio egizio venne assimilato ai dio greco Hermes ed al romano Mercurio (inteso come divinità e non come pianeta). Altri invece sono addirittura del parere che l`origine dei gioco sia indiana, in quanto i simboli importanti delle carte sono attributi delle divinità indiane, in particolare di Ardhanari, la cui parte sinistra rappresenta Shiva e la destra la splendida Shatki.

L`interpretazione o intuizione del Gèbelin fu foriera di numerose creazioni di tarocchi esoterici, dei quali il più rinomato fu quello detto Grante Eteilla (derivante dal nome dell`artista Alliette, scritto al contrario).

Tutte le tracce arcaiche si perdono nel XIII secolo. Nel 1240, al Sinodo dii Worcester, si menziona solo un gioco “del Re e della Regina”, ma nessuno sa se fossero gli antisignani del mazzo di carte tradizionali o meno. Un monaco di Brefeld in Svizzera scrisse “Un certo gioco, chiamato gioco delle carte, approdò poi da noi nell`anno 1377, anno del Signore. In questo gioco viene descritto perfettamente con immagini lo stato attuale in cui si trova il mondo. Tuttavia mi è del tutto sconosciuto, in quale periodo, dove e tramite chi sia stato inventato”. Descrive poi un gioco composto da 52 carte che si suddividono in 4 semi.

Insomma, una teoria coerente porterebbe ad attribuire le sole 22 carte degli Arcani Maggiori ad un`origine ben più antica e mistica, mentre le 56 carte successive, i cosiddetti Arcani Minori, risalenti al Medioevo (i 4 semi potrebbero rappresentare i 4 ceti medioevali: le spade i Cavalieri, le coppe il Clero, i denari i Mercanti ed i bastoni i Contadini).

Ma a prescindere delle diverse teorie, quel che appare certo è che gli oltre 500 anni di storia nota e certa dei Tarocchi, ci porta inconfutabilmente ad asserire che i simboli e le immagini dei 22 Arcani Maggiori siano figure archetipiche dell`animo occidentale, che erano già presenti nella protostoria dell`umanità.